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[ Michele Corti è ‘na cràpa ribèll. Ruralista per professione e per passione ( http://www.ruralpini.it) ama la montagna e la campagna. Si batte per la ruralità, per i prodotti etici, perché le tipicità non vengano espropriate. Non vuol sentir parlare di OGM ma nemmeno di orsi e lupi. Con lui ho capito – per dirla come Vandana Shiva – che l‘unico ecologismo possibile è quello contadino e che i contadini sono i veri architetti del paesaggio]
Michele Corti è cresciuto in un appartamento di città al sesto piano con l’ascensore. Però subito i suoi lo hanno portato in montagna per le vacanze e spesso si andava a visitare i parenti in campagna dove c’erano mucche, oche, galline, orto. Cose meravigliose per un bambino di città. In campagna oltre ai trattori c’erano ancora i cavalli per trainare i carri e le mucche mangiavano erba fresca che andava continuamente tagliata. Da bambino era già attratto dalle capre, da ragazzino ha cominciato a fare delle escursioni sugli alpeggi anche da solo. Anche se ha studiato agraria, l‘interesse per queste cose non è maturato subito, ma è riaffiorato gradualmente quando già lavorava in università da anni. Per parecchio ha pensato agli studi agrari solo dal punto di vista scientifico. Poi le pulsioni per gli animali (prima visti solo come cavie e cose da sfruttare al massimo), per i pascoli, per i prodotti rurali autentici sono scoppiate. Da allora ha considerato con occhio molto critico scienza e industria e rivalutato i ‘trogloditi’: i pastori e i contadini dai quali si è accorto che c’era (c’è) molto da imparare anche (anzi, soprattutto) per un professore di agraria. Infatti, Michele è docente di Sistemi Zootecnici e pastorali montani presso l’Università degli Studi di Milano.
Si sente più come un contadino un po’ particolare che svolge un’appendice intellettuale del lavoro dei campi che come uno studioso che studia le cose rurali come un ‘oggetto’ asettico di analisi. Il concetto di ‘coproduzione’ gli ha fatto ritrovare una identità che pareva lacerata. Oggi parla più con i pastori che con i colleghi e a Milano ci sta di passaggio da una valle all’altra. Anche se alla fine non vive né da una parte né dall’altra pensa comunque di aver trovato la sua vocazione.
Parola preferita? Tradizione.
La prima cosa a cui pensi quando ti svegli? Se non ho impegni fuori a come aggiornare il sito o quale articolo o scritto ho da correggere, finire, avviare.
Visto da qui il mondo sembra… Smemorato, sprecone, presuntuoso.
Quali sono i tuoi eroi? Ho dei personaggi di riferimento tipo Vandana Shiva, per la realtà di cui si fa portavoce più che per il personaggio in sé. Tra quelli nostri Gianfranco Miglio e il compianto Mons. Maggiolini. Però gli eroi sono i contadini e i pastori di cui non parla nessuno, che resistono alle angherie delle agenzie tecno burocratiche e delle varie propaggini del sistema mondiale agroindustriale.
Le cose più importanti in casa tua? I libri e il PC.
Di cosa sei particolarmente fiero? Di riuscire spesso a sentirmi in sintonia con la gente di cui scrivo, di parlare la loro lingua. Nel senso di ‘dialetto’ ovviamente ciò vale solo in Insubria, ma c’è una ‘lingua’ che riguarda il modo di interpretare la realtà che è universale a tutti i contadini e pastori del mondo. Così almeno credo.
Hai una scorta di… libri (che si portano anche in vacanza anche se poi non si riescono a leggere)
Se diciamo Giornalismo a cosa pensi? Un riflesso della realtà nel bene e nel male. Dal grande coraggio quasi profetico alla più laida cialtroneria.
Conosci il mondo? Ci sono troppi mondi a comporre il mondo. Mi accontento di conoscere alcuni mondi ben precisi, magari ‘piccoli’ convinto che così ci si avvicini meglio a comprendere il senso delle cose (lo stare dell’uomo nel mondo).
Dal 2011 ti aspetti… Che le mazzate facciano comprendere la natura delle false promesse del meraviglioso mondo globalizzato. Che l’angoscia del PIL che non cresce aiuti a capire che la felicità umana lorda è altra cosa, spesso inversamente proporzionale al PIL.
Il tuo motto? Se fai una cosa falla con tenacia.
Un messaggio per il mondo? Ci sta rovinando la presunzione che migliaia di anni di storia (dall’invenzione dell’agricoltura) siano stati una ‘preistoria’ e che con il progresso tecno-scientifico e le conoscenze e i valori sedimentati in questo periodo della storia umana diventino fuffa.
Un messaggio per i lettori di www.blogscuoleasso.it/bloggiornalismo? Non cercarsi modelli ma costruirsi un’identità e uno stile proprio e sincero. Così nella vita come nella scrittura.
Un messaggio per i giovani? Prima vi scrollate di dosso le illusioni della generazione precedente (tutto facile, tutto dovuto) e meglio è. Recriminare contro i padri e i nonni non serve a nulla comunque. L’impegno e il sacrificio non vanno visti solo come un peso e una maledizione, ma sono anche gratificanti se siete orgogliosi di quello che avete conseguito con la vostra testa e le vostre mani, col vostro merito. Cose che non vi porta via nessuno. Moralismo bacchettone? Forse. Ma è meglio attrezzarsi così per affrontare la realtà odierna.
bell’intervista!!
veramente bella!
Bella… Molto bella quest’intervista =)
Davvero. E’ bellissima! Con tutte queste interviste stiamo facendo una specie di corso pomeridiano estivo di Giornalismo.. anche senza vederci e insontrarci, riusciamo a fare un MARE (*—*) di cose!