Giulia Caminada
insegnante, Scuola Media “G. Segantini”, Asso
Bambino – o più in generale individuo – e libro sono oggi collocati in uno scenario di transizione e di complessità. Il concetto di lettura riveste in ambito pedagogico grande importanza anche se una letteratura sovente legata a criteri commerciali e a modi di concepire l’agire educativo non più adeguati alla società attuale (ma fortemente radicati nell’immaginario collettivo) ha spesso impedito un’attenzione critica in proposito.
La lettura rappresenta sia un obiettivo fondamentale che un traguardo tra i più avanzati dell’apprendimento scolastico. Saper leggere un testo scritto (non necessariamente nella sua forma di libro) costituisce la condizione necessaria sia per accedere a gran parte dei saperi trasmessi dalla scuola, sia per arricchire le conoscenze individuali in forma autonoma, una volta fuori dalla scuola. Se si considera che nella trasmissione scolastica delle conoscenze, il linguaggio orale e quello scritto sono di gran lunga quelli preponderanti, che nella società tecnologicamente avanzata e in rapida e continua trasformazione la cultura è satura di linguaggi simbolici, che il saper leggere è finalmente interpretato come obiettivo trasversale proprio di e comune a tutti gli ambiti disciplinari si comprende quanta importanza rivesta la promozione ed il monitoraggio continuo dello sviluppo della pur complessa abilità di lettura.
Nonostante la capacità di lettura venga considerata come uno dei più importanti mezzi di auto-apprendimento e di promozione di un atteggiamento critico nei confronti della realtà, essa rappresenta invece l’obiettivo meno perseguito nella realtà scolastica italiana dove ci si limita ad insegnare le competenze di una lettura-decifrazione del messaggio scritto e di comprensione del suo significato, ma raramente si promuovono strategie di lettura che mirino a una lettura più competente e a sviluppare atteggiamenti positivi verso la lettura stessa. Inoltre, alcune ricerche degli ultimi anni hanno dimostrato che l’insuccesso scolastico è dovuto spesso ad un insuccesso nella capacità di lettura e di comprensione che pervade tutti gli apprendimenti. Altre ricerche mostrano come molti adulti, che pur hanno frequentato la scuola dell’obbligo, si comportano come se non sapessero leggere e, sia in Europa che negli Stati Uniti, si assiste a un analfabetismo di ritorno. In questo senso, fare della TwLetteratura un metodo didattico potrebbe consentire un’accezione del termine meno tecnicista e riduttiva – ovvero una sua comprensione più essenziale – tale da poter giustificare meglio un uso educativo più convinto e produttivo delle immense opportunità affettivo-cognitive, pertanto creative ed esistenziali, che una corretta impostazione di una didattica del piacere del testo può aprire per l’individuo di tutte le età.
Parlare di lettura nell’attuale società non può però prescindere dal considerare il complesso sistema comunicativo occidentale nel quale l’individuo si trova immerso sin dalla nascita. Mentre gli adulti hanno imparato a rappresentarsi il mondo e la conoscenza attraverso il linguaggio delle parole e dei libri, già dalla nascita le nuove generazioni si trovano naturalmente immerse in un ambiente sociale e culturale multi-linguistico. E questo comporta che le nuove tecnologie elettroniche della comunicazione stanno modificando, più o meno direttamente – ma soprattutto velocemente -, la struttura del pensiero, il modo in cui l’uomo si rapporta e conosce la realtà. Come sostengono in merito molti studiosi, la mutazione culturale, per certi versi antropologica, che è in corso non può essere né sottovalutata né demonizzata. Ma da secoli la pratica didattica si è realizzata attraverso e dentro l’orizzonte epistemologico creato dalla cosiddetta galassia Gutenberg, cioè quell’universo comunicativo imperniato sulla lingua scritta e stampata. La scuola, agendo all’interno del paradigma tipografico, che del resto ha caratterizzato lungamente anche la produzione del sapere mondano, ha mantenuto nel passato, un certo equilibrio col sapere esterno a se stessa: la forma mentis che si acquisiva a scuola era la stessa che il soggetto, almeno quello alfabetizzato e fino alla comparsa delle tecnologie elettroniche, poteva assorbire al di fuori di essa. A partire però dalla metà circa del nostro secolo si è verificato un ribaltamento nell’ambiente extra-scolastico: l’evoluzione delle tecnologie comunicative verso forme elettroniche di produzione e trasmissione, ha progressivamente configurato un universo comunicativo in cui la lingua scritta, pur nella sua indiscussa centralità, si interfaccia con manifestazioni sempre più ampie di oralità che sono il portato delle nuove tecnologie ricorrendo a categorie mentali la cui matrice tecnologica risiede ancora in quella forma mentis che per secoli ha dominato lo scenario del sapere.
E’ proprio la condizione di disequilibrio venutasi a creare fra forma mentis scolastica e forma mentis extra-scolastica a evidenziare la centralità pedagogica e didattica del discorso intorno alla ridefinizione dello spazio del libro all’interno della scuola. E’ ancora diffuso un atteggiamento dicotomico che oppone i due termini del rapporto – mondo della formazione e mondo della tecnologia -, quando forse sarebbe più utile riconoscere che scaturiscono dalle varie analisi, conseguenze diverse per l’elaborazione pedagogica, e riconoscerne il portato psicologico-cognitivo e culturale. La novità della riflessione educativo-didattica potrebbe pertanto scaturire da quella prospettiva teorica che non si limiti a giustapporre il mondo della formazione a quello della tecnologia, o a presentare i diversi linguaggi in competizione fra di loro, ma che sappia accogliere il vasto portato psico-cognitivo, sociale e culturale di un universo comunicativo multimediale.