Lunedì 6 ottobre prende il via #TwPinocchio, con l’intervento di Luca Piergiovanni, dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Como. Tutte le classi sono coinvolte, dalle ore 9.10 alle ore 12.10, nell’incontro inerente l’utilizzo dei social network in ambito didattico.
Già l scorso anno scolastico bloggiornalismo aveva sperimentato il Metodo TwLetteratura con la riscrittura di letteere dal fronte della grande Guerra. L’attuale generazioni di bambini e adolescenti si trova a convivere con un sistema complesso di comunicazione che ha come principale medium lo schermo. L’apparecchio televisivo o il monitor del pc o dello smartphone sono divenuti ormai quasi un membro della famiglia con cui bisogna fare i conti: ci obbligano ai suoi orari, ci fanno discutere con i familiari, spesso regolano la nostra giornata. prendiamo la TV come esempio. Con i suoi numerosi canali propone ogni giorno ogni sorta di intrattenimento, inoltre il suo schermo può essere utilizzato anche per visionare un DVD, usare il video-games oppure il computer, se questo non compare già con uno schermo proprio nella nostra casa, sotto forma anche di tablet o di smartphone. Di fronte a una tale irruzione del linguaggio audio-visivo, e quindi all’affermazione della ‘civiltà dell’immagine’, la ‘civiltà della parola’ sembra entrata in crisi. Prevalere un tipo di comunicazione ‘facile’ rispetto a quella ‘difficile’ che richiedeva il dominio delle tecniche della scrittura e la riflessione silenziosa sul messaggio da decodificare. Perciò gli audiovisivi sono stati mezzi privilegiati per le grandi masse, per il pubblico non specializzato o scarsamente culturalizzato, per i bambini e per gli anziani ristretti negli spazi casalinghi.
Se i ragazzi non leggono – si dice – la colpa è degli audiovisivi, in particolare della TV. Essa infatti permette un’adesione distratta e superficiale, mentre la lettura vuole applicazione. E si può ben vedere la reazione dei ragazzi posti di fronte all’ambivalenza di due modi di esprimersi: quello rapido, moderno, conciso dei documentari, delle inchieste, degli sceneggiati televisivi e il linguaggio spesso lento, ridondante, sorpassato di moltissimi libri per ragazzi; inoltre il “demone della TV” viene accusato di mediocrità che deriverebbe inevitabilmente dall’esigenza di servire e accontentare un pubblico quanto mai vasto, eterogeneo e scarsamente preparato, di tendenza a imporre più che a proporre, di livellamento dei valori e di superficialità e conformismo.
Dall’altra parte c’è chi difende la televisione e le riconosce alcuni meriti quali quello di giungere a un pubblico vasto, di creare nuovi interessi nel pubblico e di utilizzare un linguaggio che tutti possono comprendere. Anche in relazione al rapporto che esiste tra TV e lettura c’è chi sostiene che anche in passato quando non c’era la televisione che poteva distrarre dalla lettura, i ragazzi che amavano leggere erano ben pochi. Chi afferma queste tesi arriva anche a sostenere che la TV può persino avvicinare alla lettura risvegliando interessi culturali ed operativi i quali debbono poi essere alimentati da letture successive, suscita curiosità, favorisce il livello culturale in zone depresse e persino conduce direttamente al libro. Non è raro il successo di alcuni libri venduti durante e anche dopo la trasmissione in televisione della loro storia. In tempi a noi più recenti la lettura può essere sostenuta anche dai social network. Si pensi all’esempio di Twitteratura che ha portato alla ristampa di alcune opere letterarie.
Questo sta un po’ a dimostrare che il confronto-scontro parola e immagine non vede oggi né vedrà mai vincitori e vinti. Il linguaggio delle immagini non può sostituire il linguaggio delle parole. È inutile gioco affermare o ritenere che soltanto il libro o soltanto la TV, o i singoli mass-media, esprimano da soli il sapere totale, completo. A ciascun linguaggio compete un ruolo specifico all’interno di una più ampia dinamica educativa aperta e liberatrice, indispensabile perché ciascun ragazzo trovi l’opportunità per ‘centrare’ il suo processo di maturazione.
L’esempio di #Gigiai, la riscrittura delle lettere indirizzate al parroco di Montemezzo dalle trincee e dai campi di prigionia della Grande Guerra, un progetto basato sul Metodo Twitteratura, che coinvolge quattordici scuole della provincia di Como, ci ha fatto sperimentare sul campo che la lettura non va vista in netta contrapposizione con i mass-media, ma come un medium fra i media e che i giovani possono usufruire di tutti i mezzi di comunicazione a loro disposizione, purché vengano educati a farlo in modo critico e consapevole. Purtroppo il sistema scolastico non è stato in grado sino ad ora di accogliere l’era del veloce e dell’immediato, l’era di internet e del digitale, all’interno della didattica quotidiana. Il problema sono sempre i mezzi e la formazione dei docenti. Ma con Twitter siamo riusciti ad aggirare l’ostacolo e a centrare il punto, attirando l’attenzione dei ragazzi, attraverso i loro mezzi, su tematiche che improvvisamente si scoprono interessanti ed attuali. Con Twitter e #Gigiai la storia e la letteratura sono diventate un gioco, una gara a chi legge di più. Una raccolta di lettere in sessanta giorni, suddivise per autore, e la loro lettura e riscrittura attraverso gli #hashtag, tramite i 140 caratteri di uno dei social network più utilizzati al mondo. Il gioco regge, motiva, appassiona e fa leggere. Il futuro del libro e la sua riaffermazione dipendono solo dal libro stesso, da come è e da come viene usato; infatti, se il suo potenziale attrattivo, la sua capacità motivazionale verranno sostenute dalle doti intrinseche, oltreché‚ da un buon avviamento alla lettura intelligente fin dall’età infantile e da una politica scolastica e culturale adeguata, il libro non chiederà altro: da secoli esso ha i mezzi per farsi desiderare.
Ora ci riproviamo con #TwPinocchio. Secondo le modalità di riscrittura di TwLetteratura.