Francesca R. e Ugo L. intervistano Z.S., nata nel 1930
Quando la guerra è iniziata lei aveva 9 anni,. Che cosa si ricorda della Guerra?
Ricordo che avevano “chiamato” i giovani per andare a militare. Della mia famiglia avevano “chiamato” due miei fratelli, e la maggior parte di compaesani giovani.
Io avevo paura, inoltre c’era il coprifuoco, vuol dire che oltre le 19.00 non si poteva uscire e nemmeno accendere la luce. A casa mia non era ben voluta la parola “Guerra”, perché in certi periodi dell’anno i miei fratelli non rispondevano alle lettere inviate, però sapevamo che molte lettere venivano perse durante il trasporto, prima di essere consegnate venivano controllate.
Durante la Guerra si mangiava un piatto di polenta con un pane che prendevi con la tessera e della buccia di patate. C’era un medico ogni tre paesi, un mio fratello tornato dal Montenegro con la malaria, l’hanno portato a casa e curato però l’8 settembre 1947 si riammalò di malaria, e non avendo certificati di vaccinazione le due cure consecutive hanno fatto contrasto ed è morto.
Pur essendo periodi bui, la gente pensava al meglio, il paese era abbastanza pulito, però non c’erano i servizi che ci sono oggi;l a casa era come si poteva, i letti erano fatti con del legno messo insieme, il materasso era fatto con della paglia, non c’era il riscaldamento e l’acqua, per questo motivo le case erano fredde. Quasi tutti avevano una mucca e delle galline. Si moriva molto giovani.
In paese c’era una signora benestante di nome Ceola, essa faceva raccogliere agli abitanti il suo raccolto, e ne donava un quarto del raccolto al popolo e il restante se lo teneva lei.
A Barni non hanno mai ospitato degli Ebrei, però a Civenna avevano ospitato un paio di famiglie. Erano molto importanti i Partigiani che si nascondevano nel bosco e tenevano lontano il nemico. Per questo motivo abbiamo inventato canti per ringraziarli, tipo: Bella Ciao…