Notte D’Inverno.

Il Tempo chiamò dalla torre
lontana. . . Che strepito! È un treno,
là, se non è il fiume che corre.
O notte! Nè prima io l’udiva,
lo strepito rapido, il pieno
fragore di treno che arriva;
sì, quando la voce straniera,
di bronzo, me chiese; sì, quando
mi venne a trovare ov’io era,
squillando squillando
nell’oscurità.
Il treno s’appressa. . . Già sento
la querula tromba che geme,
là, se non è l’urlo del vento.
E il treno rintrona rimbomba, 
rimbomba rintrona, ed insieme
risuona una querula tromba.
E un’altra, ed un’altra— Non essa
m’annunzia che giunge?—io domando.
—Quest’altra! – Ed il treno s’appressa 
tremando tremando
nell’oscurità.
Sei tu che ritorni. Tra poco
ritorni, tu, piccola dama,
sul mostro dagli occhi di fuoco. 
Hai freddo? paura? C’è un tetto,
c’è un cuore, c’è il cuore che t’ama
qui! Riameremo. T’aspetto.
Già il treno rallenta, trabalza,
sta. . . Mia giovinezza, t’attendo! 
Già l’ultimo squillo s’inalza
gemendo gemendo
nell’oscurità . . .
E il Tempo lassù dalla torre
mi grida ch’è giorno. Risento 
la tromba e la romba che corre.
Il giorno è coperto di brume.
Quel flebile suono è del vento,
quel labile tuono è del fiume.
È il fiume ed è il vento, so bene, 
che vengono vengono, intendo,
così come all’anima viene,
piangendo piangendo,
ciò che se ne va.

0 thoughts on “Notte D’Inverno.

  1. FOGLIE MORTE. GIOVANNI PASCOLI.
    Oh! che già il vento volta
    e porta via le pioggie!
    Dentro la quercia folta
    ruma le foglie roggie
    che si staccano, e fru . . .
    partono; un branco ad ogni
    soffio che l’avviluppi.
    Par che la quercia sogni
    ora, gemendo, i gruppi
    del novembre che
    fu.
    Volano come uccelli,
    morte nel bel sereno:
    picchiano nei ramelli
    del roseo pesco, pieno
    de’ suoi cuccoli già.
    E il roseo pesco oscilla
    pieno di morte foglie:
    quale s’appende e prilla,
    quale da lui si toglie
    con un sibilo, e va.
    Ma quelle foglie morte
    che il vento, come roccia,
    spazza, non già di morte
    parlano ai fiori in boccia,
    ma sussurrano—Orsù!
    Dentro ogni cocco all’uscio
    vedo dei gialli ugnoli:
    tu che costì nel guscio
    di più covar ti duoli,
    che ti pèriti più?
    Fuori le aluccie pure,
    tu che costì sei vivo!
    Il vento ruglia . . . eppure
    esso non è cattivo.
    Ruglia, brontola: ma
    contende a noi! Chè tutto
    vuol che sia mondo l’orto
    pei nuovi fiori, e il brutto,
    il secco, il vecchio, il morto,
    vuol che netti di qua.
    Noi c’indugiammo dove
    nascemmo, un po’, ma era
    per ricoprir le nuove
    gemme di primavera.. .—
    Così dicono, e fru . . .
    partono, ad un rabbuffo
    più stridulo e più forte.
    E tra un voletto e un tuffo
    vanno le foglie morte,
    e non tornano più.

    MOLTO Carina Anche Questa!!

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